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OPEN YOUR MIND

But I must explain to you how all this mistaken idea of denouncing pleasure and praising pain was born and will give you a complete account of the system and expound the actual teachings of the great explore

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Il simbolo della disabilità nel mondo.

Il simbolo della disabilità nel mondo.

E’ il simbolo della disabilità nel mondo. Quella persona stilizzata, troppo ferma su una carrozzina che pare anch’essa immobile potrebbe però non esserlo più. “Troppo passivo, dà un’immagine della disabilità superata”: per questa ragione è stato studiato un nuovo simbolo. Più dinamico. Rimane  una persona stilizzata in carrozzina bianca su fondo azzurro, ma cambia completamente la posizione in cui e il senso che vuole esprimere: il busto in avanti, le braccia indietro che spingono ruote che si muovono. Una bella idea, che comunque apre qualche problema culturale.

Per ora è solo una proposta. Sono stati un gruppo di studenti del Gordon College, nel Massachussets (Usa), a studiarlo. Al sindaco di New York, Bloomberg è piaciuto, tanto da volerlo adottare per la città. Il progetto si chiama “Accessible Icon” ed è nato con l’intenzione di “trasformare il vecchio simbolo internazionale di accesso in una immagine attiva. In passato le persone con disabilità hanno subito in maniera passiva decisioni che riguardano la loro vita”. Anche nella rappresentazione visiva si vuole mostrare il cambiamento. Una persona che partecipa alla vita della società e che sa costruire la propria vita, insieme agli altri. Il senso è questo.

Prima il simbolo è apparso solo negli spazi dell’Università, poi ha cominciato a diffondersi. Sino ad arrivare a New York, l’ombelico del mondo. Dove ha iniziato ad apparire su alcuni taxi e in alcune aree. Il sindaco Bloomberg ne è entusiasta, come i suoi collaboratori. “Un passo avanti”, ha commentato Victor Calise, commissario del sindaco Bloomberg a capo del New York mayor’s Office for People With Disabilities. Anche lui usa una carrozzina per un incidente nel 1994, all’età di 22 anni. “Secondo Calise il vecchio simbolo, creato da uno studente di design svedese nel lontano 1968, ‘è statico, fermo’ e ‘fa pensare che noi disabili non facciamo niente in prima persona’”, si legge su Vita.it.

Sul sito www.accessibleicon.org è spiegata in ogni punto la figura: dalla posizione del capo a quella di braccia e gambe, fino al movimento delle ruote. Un progetto nato nel 2011 dalla creatività di una designer di Cambridge, Sara Henner, che aveva cominciato a interessarsi si accessibilità dopo la nascita di un figlio con sindrome di Down, approfondendo un’idea di Brendan Murphy, che studiava a Cincinnati, nel 1994: aveva aggiornato l’immagine portando la postura della figura in avanti e mettendo il braccio dietro il corpo, come per spingere la carrozzina. L’ispirazione era venuta da un vicino di casa di suo padre a Dublino, in Irlanda: Christy Brown, dalla cui storia di persona con paralisi cerebrale era nato il film premio Oscar “Il mio piede sinistro”. Quanti intrecci significativi. La Hendren e il gruppo del Gordon College hanno poi studiato questo nuovo simbolo e presentato a una responsabile delle Nazioni Unite sulla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, che lo ha presentato a Calise, collaboratore di Bloomberg.

Le persone con disabilità sempre più protagoniste attive nella società. Anche attraverso un simbolo, e quello sulla disabilità è fra i più diffusi al mondo, si conquistano spazi e considerazione nuove. Tutto bene dunque? Dipende. Il vecchio simbolo, sicuramente per molti versi superato, era ormai accettato universalmente come strumento di facile comprensione per tutti, anche se sottolinea sempre e comunque solo la disabilità motoria, escludendo tutte le altre disabilità (sensoriali e intellettive relazionali). Ma c’è di più: il logo degli studenti americani privilegia, all’interno della disabilità motoria, le persone “atletiche” e autosufficienti, come nota Franco Bomprezzi in un post dalle molte riflessioni, pubblicato nel blog FrancaMente di Vita.it: “Simbolo nuovo ma sempre rotelle sono”. Scrive Franco, tra l’altro: “siamo tutti ormai consapevoli che quell’omino stilizzato in sedia a rotelle ha fatto il suo tempo, non corrisponde se non in minima parte all’attuale concezione della disabilità in tutte le sue manifestazioni, fisiche, sensoriali, intellettive. E’ rimasto appunto un simbolo, una convenzione per riconoscere al volo un diritto ben preciso, quello alla mobilità e all’accessibilità. Ma modificarlo solo nell’atteggiamento, nella postura, nell’azione che compie il famoso omino, non cambia la sua parzialità, anzi, in qualche modo la amplifica, la rende più evidente e quasi ingiusta”.

Il dibattito è aperto, ed è tutt’altro che banale.

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